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Editoria musicale

Se c’è qualcosa che non manca in Italia, è la voglia di parlare di musica all’interno di riviste specializzate. Che poi si vendano pochi dischi, quello è tutt’altro discorso. Il mercato dell’editoria musicale nostrana infatti è tra le più nutrite d’Europa. Il panorama, analizzato globalmente, copre più o meno tutti gli stili e le tendenze musicali. Tuttavia nel nostro paese siamo piuttosto iclini alla divagazione. Forse per esigenza di mercato, forse per precise scelte editoriali, o forse semplicemente per tutti e due i motivi, alcune riviste italiane (in prima fila Rolling Stone e XL) hanno deciso di raccontare la musica sotto il punto di vista del fruitore. Allora ecco comparire rubriche che descrivono i movimenti e gli stili del mondo giovanile: la moda, l’arte, i libri e il cinema. Discorso differente se si considerano altre pubblicazioni estremamente specializzate quali Jam, Blow Up, Muz, Rockerilla, Rumore o Buscadero, dove si parla esclusivamente di musica. Non che questo sia indice di estrema similarità; tra le riviste citate infatti esistono svariate differenze, primo tra tutti il target. Il bacino d’utenza a cui si rivolgono Rockstar e Jam è molto più ampio, per esempio, di quello a cui si riferiscono Rumore o Blow Up. Quest’ultime risultano infatti più specialistiche e settoriali. Discorso a parte va fatto per Il Mucchio, rivista sensibilmente orientata politicamente. La sua vocazione sinistroide consegna al lettore una pubblicazione piuttosto impegnata, nella quale la musica occupa solo una parte. Attualità, libri e cinema: questi gli altri temi trattati dal Mucchio, tutti conditi da recensioni e approfonsimenti. Le recensioni… altro tema attorno al quale si strutturano le principali differenze tra le nostre riviste. Se XL si diletta a recensire poco ma di tutto, completamente diversa è la linea editoriale di riviste come Rumore, Rockerilla e Blow Up dove il tetto dei dischi recensiti non va mai al di sotto dei 200-250 ogni mese. Dettagli o no, anche i numeri hanno un ruolo importante quando si parla di un fenomeno come quello editoriale. Ecco allora che spunta fuori una proporzione interessante: quella tra il prezzo, il numero delle pagine totali della rivista e il numero delle pagine dedicate alla pubblicità. Se XL si trova al numero uno per quello che riguarda la speciale classifica dei più economici, con solo 1.9 euro, non è certo da prendere da esempio dai detrattori delle sponsorizzazioni. Sulle 194 pagine totali della rivista ben 48 sono dedicate al mondo della reclame. Tutt’altra posizione quella presa dal Mucchio con appena 16 pagine su 162 dedicate alla pubblicità. Come spiega il suo direttore, tra le righe dedicate alla posta, il Mucchio sarebbe in qualche modo boicottato dalle case di distribuzione pubblicitaria in quanto pagherebbe la sua aperta simpatia per la sinstra. Vero o no, alla fine rimangono i numeri e il Mucchio, insieme alla neonata Muz e ai mostri sacri Rockerilla e Blow Up, rappresenta il meglio per chi voglia leggere con pochissime interruzioni. Le differenze mostrate fino ad ora si aplificano notevolmente se si considerano le pubblicazioni inglesi NME, Uncut e Mojo. Tanto per cominciare, NME, da settimanale, si concentra prevalentemente sulle news e sulle realtà locali dal maggior risvolto mediatico in voga nel Regno Unito. Spazio quindi alle nuove tendenze e ai gossip. Tutti temi piuttosto trascurati invece in Uncut e Mojo, riviste più portate all’approfondimento, veri testi sacri per chi voglia una cultura di stampo strettamente musicale. Questo ed altro quello che ci aspetta in edicola. A noi la scelta tra moderno e classico, tra alternativo e mainstream, tra colto e popular; tutto va bene, basta che si parli comunque di musica.

04 settembre 2007


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