Intro sulla situazione attuale della musica
Il supporto discografico ha le ore contate. Un brutto incubo? Assolutamente no. La musica cambia pelle e aggiorna il proprio guardaroba. Il mercato dei dischi sta cambiando: cresce il consumo ma calano le vendite. Al contrario crescono vertiginosamente le vendite digitali grazie al successo del Digital Music Store della Apple, di iTunes e degli iPod, oltre che al fenomeno del download legale delle suonerie. Si ha dunque l’impressione che le nuove generazioni non abbiano più bisogno di un supporto (qualunque esso sia) che medi il loro rapporto con la musica. Secondo i dati IFPI (Federazione Internazionale dell’Industria Fonografica), nel 2005 sono stati scaricati legalmente 420 milioni di brani. Per quel che riguarda il nostro paese invece, nel 2003 il mercato è calato del 7,87 % a volume. Fra il 1999 e il 2005 il mercato discografico italiano è sceso in valore di oltre il 30 % e nello stesso periodo le imprese discografiche hanno ridotto il personale del 40 %. Il mercato è dunque un sistema complesso, fatto di produzione, distribuzione e vendita. Se una volta esistevano quasi esclusivamente i grandi distributori, oggi si sono fatti avanti anche distributori indipendenti che si sono aggiudicati buona parte del mercato indie e alternativo. Sebbene le vie siano dunque quasi infinite, non tutti gli artisti possono sfruttare canali come quello garantito on-line dalla Apple con iTunes Music Store (che permette di caricare le canzoni acquistate su cinque computer, di masterizzare una canzone su CD illimitatamente, di masterizzare la stessa plylist fino a sette volte e di ascoltare la propria musica su un numero illimitato di iPod). A contrapporsi alla distribuzione tradizionale quindi la discografia indipendente. Questo tipo di mercato, nato tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni ’80 in Inghilterra, è stimato al 25 % del mercato globale. Per dare spazio ad una scena altrimenti invisibile, nascono nel nostro paese etichette come la Cramps e la Italian Records. Fatto estremamente significativo, nel 2001 è nata Audiocoop (oltre cento gli associati, tra produttori ed etichette indipendenti) che sul fronte istituzionale ha raggiunto un notevole obbiettivo: è riuscita a farsi riconoscere dalla SIAE la ripartizione del diritto di copia privata per la quota del 4,5 % del mercato che rappresenta. Non esiste solo il fenomeno delle etichette indipendenti a contrapporsi alla discografia tradizionale. Anche gli artisti, negli ultimi anni, hanno contribuito a destabilizzare il sistema. Se fino a qualche anno fa un gruppo doveva farsi conoscere in prima istanza dal mondo discografico e solo successivamente dal grande pubblico, oggi può accadere (e spesso accade) anche il contrario. In questo senso è andato il viaggio verso la notorietà dei Clap Your Hands Say Yeah, band di Indie Rock proveniente da New York. Autoproducendosi il disco su internet (e favoriti da una bella recensione da parte di Pitchfork), la band ha ricevuto ordini per il proprio lavoro pari a 40.000 unità. A quel punto è stato il mondo discografico ad interessarsi alla band e a proporgli un contratto (la Wichita/V2 la loro attuale etichetta). Un altro gruppo di cui si sta parlando molto (anche in riferimento alla loro storia) sono gli Arctic Monkeys. La band viene fondata nel 2002 a Sheffield e subito si distingue per un indie-rock chiassoso e divertente. Il loro album di debutto “Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not” ha stabilito il record per il maggior numero di copie vendute nella prima settimana (per un album di debutto) in Inghilterra. Interessante analizzara che, prima di essere messi sotto contratto dalla Domino, gli Arctic Monkeys si erano fatti conoscere attraverso il passaparola su internet (permettendo agli utenti del web di scaricare i propri pezzi sul loro sito). Emblematica anche la storia dei Wilco. Il loro quarto album “Yankee Hotel Foxtrot” non venne accettato dalla Reprise perché giudicato troppo sperimentale. Il gruppo allora riscattò le registrazioni e le mise a disposizione sul proprio sito web. Successivamente la Nonesuch li mise sotto contratto e il disco divenne il più venduto del catalogo. Altro esempio molto interessante quello dei Prodigy. Recentemente il gruppo inglese ha pubblicato on-line il primo estratto dell’album “Always Outnumbered, Never Outgunned”, rendendolo disponibile per un breve periodo esclusivamente sotto forma di digital download. Erano disponibili 5000 versioni differenti del brano e altrettanti artwork al prezzo di 2 sterline. Inutile fare calcoli. Sebbene ancora non si registrino casi simili, anche gli artisti italiani stanno sfruttando a dovere la rete, cercando sempre più di interagire e comunicare direttamente con il proprio pubblico. In questo senso il web può essere utilizzato (e di fatto lo è) per promuovere anche le vendite off-line. A tener alto il tricolore Elio e le Storie Tese. Da poco il gruppo milanese ha scelto la completa indipendenza e ha lanciato due progetti: il cd brulè, masterizzato direttamente alla fine del concerto e l’EELST Fave Club, un abbonamento di 30 euro annui attraverso il quale si può ascoltare e scaricare, a piacere e senza limiti, tutto ciò che riguarda la band. Come conseguenza del cambiamento dei supporti musicali, sta mutando anche la forma dell’etichetta discografica. Fa riflettere la decisione da parte della Sony Bmg di creare la H2O Music, la prima etichetta italiana interamente digitale; una struttura che venderà la musica solo sotto forma di file digitali e solamente attraverso negozi on-line. Le canzoni saranno distribuite singolarmente (ciò porterà al declino il principio dell’album?). A differenza di quanto spesso si dice quindi, l’interesse per la musica non è svanito; sta solo cambiando. In definitiva il prodotto musicale si sta espandendo e si sta adattando alle nuove esigenze di mercato, assumendo una nuova corporeità, che le permette di essere prodotta, comunicata e consumata in modo più immediato. La domanda che sorge è: questa musica conserverà il proprio valore artistico?