Recensioni cd: Baustelle - Amen

E' difficile rimanere in equilibrio nello scenario descritto dai Baustelle nell’album più complesso e stratificato di una breve, ma già significativa, carriera. “Amen” vive nelle descrizioni sfacciatamente realiste di Francesco Bianconi, il quale, con destrezza e fantasia, mette in musica la delirante e al contempo spensierata precarietà della società attuale.

Ne viene fuori un quadro inquietante; tra adolescenze buttate al cesso, vizi di una maturità illusoria e un’intera generazione ingolfata da una globalizzazione soffocante e deprimente. Un insieme devoto al dio denaro, difficile da mantenere vivo, e destinato a una fine beatamente fallimentare.

Ma almeno nella musica dei Baustelle - fatta d’accostamenti tutt’altro che scontati -, si respira aria pulita: vedi gli archi su basi elettroniche vagamente disco, l’inserimento di strumenti atipici come vibrafono e sitar su archetipi rock, inserti di bossa nova e il pop sessantiano di un’Italia ormai scomparsa.

La band, supportata dalla decisiva produzione di Carlo Umberto Rossi, riesce a esprimersi in maniera trascinante e complessa, sfornando momenti di splendida coesione tra le voci meravigliosamente decadenti di Bianconi e Rachele Bastreghi, e la musica piena di spunti creativi e dagli arrangiamenti straripanti. C’è la giusta potenza, ma anche il gusto della riflessione: c’è l’esatto dosaggio degli ingredienti emozionali.

Un disco pressoché perfetto, l’ideale per far saltare ai Baustelle la staccionata che delimita la nicchia dal grande pubblico: speriamo vivamente che i ragazzi sappiano essere così spudoratamente naturali anche quando divideranno i palchi con i loro colleghi più incravattati.

di Roberto Paviglianiti

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