The Good, The Bad And The Queen
Diffidare dei super gruppi è più che lecito. Qui però la situazione è un tantino differente. Messe da parte mire espansionistiche verie e obbiettivi monetari di sorta, The Good, The Bad And The Queen si dimostra un proggetto sano e concreto. Progetto fondato attorno alla voglia di fare musica di quattro signori che con le sette note ci sanno decisamente fare. Mentre i Gorillaz sono in letargo (a tempo indeterminato?) e i Blur sono pronti a tornare in pista, Damon Albarn ha messo in piedi un gruppo straordinario, sfornando un disco da ascoltare, capire e godere (il cui titolo riecheggia vecchie epopee western). Tutto nasce da un viaggio in Nigeria insieme a Simon Tong (dai Verve ai Blur del post Coxon) per registrare del materiale con Tony Allen (batterista di Fela Kuti) e altri musicisti del luogo. Prima che il proggetto prenda vita però manca l’incontro decisivo con Danger Mouse e soprattutto con Paul Simonon (insieme al quale matura l’idea di un concept sulla West London). Il lavoro riflette in maniera amara e ironica sull’Inghilterra odierna, servendosi di ricordi personali ed invenzioni letterarie varie. History Song è un lento susseguirsi di arpeggi chitarristici stanchi e malati, in cui giganteggia la calda voce di Damon Albarn. Accenni tastieristici e soavi cori di sottofondo cullano verso lidi lontani e misteriosi. Se Northern Wale mette insieme vecchie melodie che ricordano i primissimi Blur (con odore di filastrocca elettronica alla Gorillaz), la vera sorpresa del disco è Kingdom of doom; il pezzo vanta una melodia che affascina fin dai primissimi ascolti e un’atmosfera che fonde delicatamente elementi acustici e elettronici (prendendo spunto direttamente dalle esperienze Beatlesiane di Revolver). Il pezzo si interroga sull’attualità di una nazione che non sa ammettere le proprie responsabilità. A Soldier’s Tale invece è un’amara riflessione sulla guerra, tra Iraq e Afghanistan, con citazione western di morriconiana memoria. All’interno del lotto troviamo ovviamente anche numerosi elementi che rimandano ai Clash (con tanto di citazione di London Calling sul finale di Kingdom of Doom); e poi a dosi varie di Reggae, Pop, Psichedelia e Dub (la malinconica Behind the Sun). Tracklist 1. History Song 2. '80's life 3. Northern Wale 4. Kingdom of doom 5. Herculean 6. Behind the sun 7. The bunting song 8. Nature Spring 9. A Soldier's tale 10. Three changes 11. Green Fields 12. The good, the bad and the queen Enrico Mainero
04 settembre 2007
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