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Brett Anderson

Il nome di questo musicista rievoca un momento particolare per la musica britannica. Era il periodo della rinascita del Pop d’oltre manica (metà anni ’90) e Brett Anderson guidava i Suede, band che ha appunto rivestito un ruolo decisivo per l’affermazione di questo movimento musicale. Dopo i fasti degli anni ‘90 il nostro (nel 2003) mette in archivio (anche se non definitivamente) la band che lo ha reso celebre con l’intento di voltare pagina. Torna a collaborare con Bernard Butler sotto la sigla The Tears (per un album non leggendario) e verso la fine del 2005 entra in studio per quello che sarebbe stato il suo esordio da solista. Affiancato da Fred Ball, produttore e scrittore norvegese, il primo lavoro di Brett Anderson si colloca nell’ambito di un Pop Rock gentile e cordiale che purtroppo non graffia mai; se gli arrangiamenti risultano leggermente statici e privi di fantasia, sono soprattutto le soluzioni armoniche e melodiche che stupiscono in negativo (appaiono infatti quasi sempre prevedibili e noiose), mentre le liriche che nascono dalla penna dell’ex Suede ci sembrano fin troppo retoriche (alcuni passi carichi di amarezza fanno pensare che il nostro stia attraversando un periodo decisamente nero). Se ciò che ci si aspettava da questo disco era soprattutto la verve e l’amaro sarcasmo di una volta, si rimarrà inevitabilmente delusi. A tener banco sono soprattutto soluzioni delicate e ballate acustiche di discutibile intensità emozionale. Love is dead esprime tutta la malinconia del disco, cullata com’è dal sottile interagire di archi e chitarra acustica (la voce rimane quella di una volta, androgina e amara come ai tempi dei Suede). Brett Anderson indugia in una formula sentita e risentita, priva di originalità espressiva e di emotività (Scorpio Rising è una litania uggiosa e priva di fascino che stanca e annoia proprio perchè scontata e banale) Seguendo quanto fatto ultimamente dai vari Jarvis Cocker e Richard Ashcroft anche Anderson dunque decide di realizzare un album intimo e mormorato (unica eccezione del lotto Dust and rain, pezzo dalla discreta carica chitarristica); quello che manca è probabilmente un tantino di personalità in più per un artista che deve forse ancora capire cosa vuole fare da grande. Tracce: Love is dead One lazy morning Dust and rain Intimacy To the winter Scorpio rising The infinite kiss Colour of the night The more we possess the less we own ourselves Ebony Song for my father

04 settembre 2007





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