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Discografia - Album by Album Marlene Kuntz

Marlene Kuntz

E' racchiuso in sette album (esclusi live ed ep) il pensiero costruttivo di un gruppo che – nonostante le difficoltà iniziali e le tortuose strade percorse lontane dalle luci del music-business – è riuscito nella non facile impresa di esprimere un’idea musicale originale, di ridisegnare con le proprie forze le linee di uno stile italiano che ha continuamente attinto dalle influenze straniere e a non farsi trascinare dalle sue correnti inflazionate. Momenti d’inesauribile energia creativa, tesa al rinnovo e all’espressività diretta e senza inganni. Da Cuneo: sono i Marlene Kuntz.

1. CATARTICA (1994)
Dopo cinque anni d’attività segnati da cambi di formazione, demo più o meno apprezzati, live, partecipazioni a concorsi e festival, arriva la prima grande occasione per i Marlene Kuntz: un album a loro nome.
I testi di Godano, chiari e diretti, non hanno bisogno di grandi interpretazioni, la band è dirompente e mostra buone capacità tecniche, il ritmo è serrato, il disco è destinato a rimanere impresso nella mente e nel cuore delle prime schiere d’ammiratori.
“Catartica” non tradisce le buone intuizioni dei produttori Gianni Maroccolo e Marco Lega, espone un sound tagliente e di sicuro impatto: il tutto e già incredibilmente efficace. “Nuotando nell’aria”, “Trasudamerica” e “Fuoco su di te” riassumono il primo pensiero dei Marlene e mostrano la forza di un gruppo deciso a farsi largo.

2. IL VILE (1996)
Difficile bissare “Catartica” seguendone le orme; arriva dunque un album sì graffiante, ma stilisticamente virato verso un suono più ricercato, sfumato, maturo. “Il vile” rappresenta il primo vero esame della carriera dei Marlene, quello che sarà decisivo per una maggiore attendibilità e per un ulteriore consapevolezza dei propri mezzi. Il gruppo, nonostante il doppio cambio di bassista, mantiene l’inclinazione sonora di un rock poderoso e innovativo.
Il disco, registrato sempre sotto l’ala protettrice di Gianni Maroccolo, mantiene l’approccio da band arrembante; l’apertura di “3 di 3” entra di diritto nella storia sia del gruppo che dell’intera scena alternativa italiana. Non mancano brani vorticosi (“Retrattile”) e suadenti momenti di calma apparente (“Come stavamo ieri”), oltre ad “Ape regina”; capolavoro del disco contenente tutti i presupposti per un cammino d’alta qualità.

3. HO UCCISO PARANOIA (1999)
“Ho ucciso paranoia” mette il punto esclamativo alla prima parte di carriera dei Marlene Kuntz. Il duro lavoro svolto in studio porta ad un sound più corposo e stratificato, la voce di Godano acquista un timbro più profondo, l’occupazione del tempo è più scandita e riflessiva. E’ forse questo senso di “rischio calcolato” che spiazza chi si aspettava una prova più incisiva. Ma il gruppo, come ormai d’abitudine, sarà in tour per tutto l’anno, e la fitta attività live farà da scenario al primo disco dal vivo: “H.U.P. Live in Catharsis” chiude un’annata a dir poco fondamentale.
Altri importanti passi sono compiuti verso la totale consacrazione, movenze che portano il nome di “Infinità” e “Ineluttabile”.
Il disco esce anche in edizione doppia accompagnato da “Spore”, un album parallelo contenente sedici brani dal sapore sperimentale e improvvisativi.

4. CHE COSA VEDI (2000)
Album interlocutorio, il primo senza la basilare collaborazione di Marco Lega. Disco che porta con sé cambiamenti che aprono ad un pubblico più vasto ed eterogeneo, come un ospite speciale - Skin in “La canzone che scrivo per te” - ed alcuni accorgimenti – come l’uso di tastiere - che arricchiscono un quadro sonoro altrimenti troppo monocorde. I fan della prima ondata iniziano a storcere il naso, le fiammate iniziali lasciano fin troppo spazio ad andamenti compassati, anche se profondissimi e ben al di sopra della media.
Il gruppo sembra cogliere dall’attività live le maggiori soddisfazioni; una dimensione che porta i Marlene alla loro migliore manifestazione, perché lontana da certe costrizioni che un po’ imbavagliano la grande espressività di Godano e soci.

5. SENZA PESO (2003)
Il gruppo registra a Berlino verso la fine del 2002 al fianco di un produttore di fama mondiale: Rob Ellis. Il nuovo anno porta un cambio di marcia deciso: una seconda alba aspetta i Marlene Kuntz.
“Senza peso” mostra, grazie ad una nuova veste sonora, una band effervescente; il sound si è fatto molto più aperto (“Sacrosanta verità”) e frizzante, l’incedere ritmico risulta subito, fin dal primo ascolto, più trascinante e commestibile (“Ci siamo amati”), orecchiabile (“A fior di pelle”) e solare. Non per questo vengono a mancare quell’innata profondità nell’espressione musicale e quell’imprescindibile senso di ruvidezza che tengono insieme un discorso che – dopo il primo decennio d’attività – rischiava seriamente di perdersi chissà dove.
Questo disco è la base di partenza verso nuovi, fascinosi e inaspettati lidi. I Marlene Kuntz giocano d’anticipo sul loro stesso evolversi, amano sorprendere chi li ascolta e inconsapevolmente se stessi.

6. BIANCO SPORCO (2005)
Con l’uscita di scena del bassista Dan Solo, i Marlene Kuntz restano di fatto un trio. Per il nuovo disco e per il tour successivo è proprio Gianni Maroccolo ad entrare in pianta stabile del gruppo.
“Bianco sporco” è sicuramente il disco di maggior levatura che il gruppo piemontese ha mai messo insieme. Sia per la complessità di un’opera che sconfina dal solito incedere marleniano, e sia per l’aggiunta di molte componenti che fanno sì che il sound acquisti in termini di timbro e profondità espressiva. Il disco – supportato come il precedente dall’ottimo lavoro di Rob Ellis – è composto da undici brani dall’atmosfera autunnale, che nulla concedono ad un qualsiasi tipo di commercializzazione. La voce di Godano è ormai un timbro di riconoscimento, le strutture musicali sono sempre più tese ad un rock d’alta qualità anche se lontanissime dal viscerale impulso primordiale.
Il disco lascia il segno, è un punto d’arrivo dopo il quale sarà difficile incamminarsi verso nuove direzioni.

7. UNO (2007)
Come si può continuare ad amare i Marlene Kuntz dopo averli seguiti negli arrembati attacchi ad una certa scuola di pensiero e verso certe assuefazioni sociali, ora che parlano d’amore, di famiglie sfasciate e di muse ispiratrici? Lo si fa grazie ad un album splendidamente ispirato.
“Uno” è la somma. “Uno” è il simbolo di un gruppo inarrivabile. “Uno” è sicuramente il miglior disco dell’anno. E’ l’album dove Godano trova nella sua scrittura una sintesi di pensiero lucida, realistica e di gran tatto. E’ una serie di brani dai quali emerge una filosofia dal carattere moderno di un’attualità incontrovertibile. E’ l’inizio di un nuovo processo d’evoluzione; è il conflitto interiore che genera nuove idee e restituisce nuova linfa creativa.
Nel booklet contributi di scritti originali di grandi autori danno a quest’opera un sapore letterario, di grande spessore e di fascino sapientemente nascosto tra le righe di una musicalità unica.


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